Racconto erotico - Una baby-sitter pettoruta

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    Ciao a tutte,
    per cominciare vi vorrei intrattenere con un racconto scritto in prima persona che parla della difficoltà di fare la baby-sitter con ragazzetti già grandicelli ed esigenti dal punto di vista sessuale. A complicare le cose concorre il fatto che sia dotata di un corpo curvilineo e un seno bello abbondante che mi dispiace dirlo, ma è stato il biglietto da visita ideale per la famiglia che mi ha ingaggiata. Sapevo infatti da una mia amica che una famiglia facoltosa della mia città stesse cercando una baby-sitter dotata di una certa misura e che la mia guarda caso facesse al caso loro. Poiché cercavo giusto un lavoretto di questo tipo mi feci avanti per un colloquio conosciutivo in cui fui subito messa a mio agio. Non sembrava che alla famiglia del ragazzino interessassero tanto le mie referenze né le mie esperienze pregresse, ma che piuttosto si concentrassero sulla mia disponibilità a giocare con il figlio senza troppe riserve.
    - Signorina, vogliamo essere franchi con lei e vi diciamo che non si tratta di aiutarlo a fare i compiti ma piuttosto di dargli una mano ad esprimersi come maschio, non so intende, mi disse la madre, una signora severa con un paio di grandi occhialoni sul naso a punta
    - Volete che impari ad usare l'uccello?, chiesi con la massima innocenza di cui ero capace.
    - Vedo che siete una ragazza sveglia e anche comprensiva, oltre che molto dotata per il lavoro che dovrebbe svolgere qui da noi. Per caso ha qualche riserva su eventuali fantasie che il ragazzo volesse realizzare?, mi chiese, occhieggiando con massima evidenza al mio decolté
    - Onestamente di pratiche vietate per certo non me ne vengono in mente al momento, ma se vorreste farmi qualche esempio, ribattei io che in effetti ero stata colta un poco di sorpresa dall'intera richiesta della madre.
    - Bene, non è mia abitudine parlare in modo esplicito, ma visto che è stata lei stessa a parlare di uccelli mi permetto di chiederle se, sapendo di possedere il nido del suddetto uccello, glielo volesse negare o al contrario glielo volesse esibire perché esso possa entrarci a fare i propri comodi.
    - Beh, non è certo mia abitudine fare la preziosa e sono di indole generosa per cui, sapendo di possedere quell'agognato nido, non farei nulla per sottrarlo all'uccelletto e anzi cercherei di rendergli più agevole l'entrata, fu la mia risposta.
    Dietro le spesse lenti da miope vidi gli occhi della madre brillare e la bocca sussurrare al marito: questa è perfetta, o qualcosa di simile. Comunque, ogni dubbio venne fugato quando la madre stessa mi allungò un foglio ed una penna. Era il contratto di assunzione, che per correttezza lessi prima di firmare. Con mi grande meraviglia si parlava sia delle mie misure, sia della mia piena disponibilità ad accontentare i capricci del pargolo senza riserve. Confesso che ebbi qualche esitazione ad apporre la mia firma, ma quando lo feci devo anche dire che provai una certa emozione suscitata di certo dal pensiero, o meglio dalla convizione di avere fatto mercimonio delle mie grazie.
    - Brava ragazza. Sono certa che ti troverai bene qui da noi e se non hai niente in contrario ora ti porterei a fare la conoscenza del nostro figliolo, che come puoi immaginare si trova in piena tempesta ormonale e non vede l'ora di giocare con te, mi disse la madre, con molta gentilezza e affabilità.
    Entrata nella camera dei giochi, trovai il mio ragazzino che giocava da solo a fare il cow-boy con il cappellaccio e il cinturone delle pistole. Dopo che venni presentata come la sua nuova baby-sitter dalla madre, come se fosse la cosa più naturale del mondo, quel monellaccio di un cow-boy mi si intrufolò da dietro e mi mollò uno sberlone sulla chiappa destra. La cosa mi disorientò non poco e anzi quasi mi intimidì, anche perché il ragazzino dimostrò subito di apprezzare molto il mio fondoschiena. Non la finiva di tastarlo e di paparlo a due mani. A rompere il ghiaccio ci pensò invece la madre.
    - Forse oggi il nostro cow-boy ha bisogno di un bel cavallo, anzi di una cavalla, di una puledra che lo scorrazzi di qua e di là. Forza, signorina, si dia da fare. Così comincerete a fare conoscenza, mi disse, mollandomi a sua volta un ceffone sulla chiappa sinistra, come di incoraggiamento e anche un poco di conforto e di solidarietà femminile.
    A quel punto, mi vidi costretta a chinarmi e a mettermi a quattro zampe, cosa che feci con qualche imbarazzo, ma anche pregustando il sacrificio che mi veniva richiesto: rinunciare alla mia dignità per compiacere il pargolo, il quale, lesto, approfittò delal mia posizione per salirmi in groppa.
    - Wow!, mi scappò da dire, quando il nostro cow-boy mi prese per i capelli per usarli come redini, con la massima naturalezza possibile.
    Mi tirava di qua e di là per indirizzarmi e poiché mi mostravo impacciata e poco incline a trottare, ecco che mi rifilava latri sberloni sul sedere, così da convincermi a girare per la stanza con in groppa il mio piccolo cavaliere. Tira di qua, tira di là, una sberla su una chiappa e poi sull'altra e ben presto dovetti affrontare un nuovo imprevisto. Il mio abbondante seno stava con tutta evidenza tracimando dal balcone che lo conteneva e ballonzolava a pochi centimenti da terra. Prima con una mano e poi con l'altra tentai di frenare l'audace esuberanza del mio davanzale, ma la scomodità della posizione e l'irrequietezza del piccolo cow-boy che mi tirava i capelli e mi sculacciava senza il minimo riguardo mi rendeva francamente impossibile arginare lo straripamento delle mie forme anteriori. Notando il mio impaccio, fu ancora una volta la madre a risolvere il problema, per non dire ad aggravarlo.
    - Suvvia, signorina, non cerchi di darsi un contegno che certo non le è richiesto in un simile frangente. Piuttosto, non si è mai vista una cavalla calzare un paio di pantaloni jeans. Forse è il momento di mostrare le terga, signorina, e detto questo, quella santa donna della madre mi slacciò i pantaloni jeans che mi fasciavano le forme posteriori e, non senza fatica, strattonandomi da entrambi i lati, me li calò fino alle ginocchia, rendendomi peraltro difficile se non impossibile trottare per la stanza.
    Immaginatevi la scena: io con il mio giunonico seno che mi trascino dietro per la stanza e il sedere nudo che dimeno perché non riesco più ad avanzare di un passo. Come non bastasse il cow-boy che avevo in groppa e che mi tirava i capelli e mi schioccava le cinque dita sulle terga, il mio livello di eccitazione aveva raggiunto livelli tali che anche le mutandine di pizzo iniziavano a infradiciarsi del mio umore. Un particolare, questo, che non dovette sfuggire alla madre, la quale aggiunse prontamente:
    - Queste non ti servono più, con riferimento alle mutadine, che subito mi abbassò lasciandomi del tutto vinta, prostrata e ben pronta a qualsisi nuovo e imprevedibile sviluppo in quella prima volta nella sala dei giochi.
    Dal canto suo, il piccolo cow-boy strepitava sulla mia schiena, lamentandosi del fatto che non riuscissi più ad avanzare né quasi a muovermi.
    - Non sei una buona cavalla, ma forse sei più buona come squaw. Ebbene, ti dichiaro mia prigioniera, e detto fatto, mi smontò di dosso e andò a ravanare nei cassetti.
    Ne trasse fuori delle cinture, che subito utilizzò per legarmi come un salame: mi assicurò le braccia lungo i fianchi e neppure i seni risparmiò, strizzandomeli e spremendomeli, come dovesse cavarci del succo. Anche le caviglie mi legò e quando già ero più simile ad un insaccato che ad una baby-sitter si accorse che una cintura gli avanzava. Feci un certo sforzo per suggerirgli cosa fare di quella cintura in più: sollevai il sedere in aria e glielo mostrai, meritandomi gli sguardi di approvazione della madre. Fu come mostrare il drappo rosso ad un toro. Cominciò a menare colpi a destra e a manca con una prepotenza e una precisione che quasi venni lì per lì.
    - Ahi! Ohi! Brucia! Che botte! Avanti, padrone, avanti! Fammi scordare mio marito! Ora sono tua! Tua soltanto! Ohi-ohi! Che male!, gemevo con civetteria, convinta che quello fosse il modo migliore per buscarne ancora.
    Non mi sbagliavo. Il cow-boy di cui ero prigioniera faceva roteare la cintura e l'abbateva sul mio sederone ormai rosso, come si conviene alla moglie di un pellerossa. Ero talmente eccitata che inarcavo la schiena in modo da prenderne una buona dose anche sulle grandi labbra. La cosa mi dava un piacere indescrivibile, per quanto doloroso. Che piacere poi mi avrebbe dato, se solo mi avesse penetrata con una verga bella turgida! Mi trattenni però dal chiederlo, perché mi sembrava troppo per quella prima volta. Già ridotta ad una povera squaw ridotta in schiavitù, mi sembrava di sognare.
    - Basta, adesso basta, intervenne la madre.
    - Di scudisciate ne ha già prese un sacco e una sporta. Ora questa ragazza, che è stata bravissima e si è comportata da vera cavalla e da vera squaw, va gratificata. Forza, allora. Fuori l'uccello, che il nido è apparecchiato. Io vi lascio alla vostra intimità. In quanto a lei, signorina, eravamo certi che non ci saremmo sbagliati e infatti non ci siamo sbagliati su di lei. È una baby-sitter perfetta e non è solo questione di forme e misure, né di avere un bel faccino, come ho detto a mio marito. Lei ci sa fare davvero. Si goda il mio ragazzo ora, poi passi da noi a ritirare la busta con il primo stipendio.
    La madre uscì dalla porta e già il nostro cow-boy mi presentava l'apparato. Prima volle che glielo ciucciassi perché gli venisse bello duro. Poi me lo piazzò e per interminabili minuti mi chiavò che ero ancora tutta legata. Fu dolcissimo. Venne e mi spruzzò sulle chiappe. Infine mi slegò e mi disse che potevo andare. Come prima volta, poteva bastare.
    Andai quindi a ritirare il mio primo stipendio, ma mi aspettava un extra.
    - Signorina, le confesso che lei è molto arrapante. Le sue forme, la sua predisposizione. Insomma, si vede che ci sa fare e che le piace molto. Sicché mi rattristerebbe se la lasciassi andare senza averle regalato un'altra chiavatina. Sono femmina anch'io, ma so apprezzare la vista di una zucchina che affonda tra le grandi e le piccole labbra e andando su e giù, dentro e fuori, regala piacere a chi ne è penetrata. Ecco, questa è la zucchina più grossa che abbiamo per casa. Prima di prendere la sua busta, insisto, si facci fottere da me con questa verdura e poi mi dirà se non le è piaciuto.
    Non me lo feci ripetere due volte. Mi ero appena asciugata dal succo del ragazzino e mi ero ricomposta che già di mio avevo voglia di tornare a spalancare le gambe e a sentire il ventre cedere sotto i colpi secchi di qualcosa di turgido e duro. Vista però la situazione pensai che potessi chiedere di più:
    - Sì, signora, mi fotta come creda, però mi perdoni, se avesse anche una o due carote da infilarmi su per il culo, gradirei tanto, le dissi, con quell'impertinenza che non lascia spazio al perdono.
    - Anche tre o quattro, cocca, mi disse che già ero spianata sul tavolo, con i pantaloni e le mutandine calate.
     
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    davvero un gran bel racconto eccitante! e come dice la mamma lei è stata bravissima e si è meritata il compenso extra :P
     
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    grazieee, sono contenta che ti sia piaciuto!!!
     
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    ho una vera passione per le belle tettone che si godono il sesso senza limiti! :P
     
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    Sììììììì! Dici bene:gambe sempre bene aperte appena possibile e BUMBUMBUMBUMBUMBUMBUMBUM;-D
    Con le tettone che ballonzolano di qua e di là, che goduria!!!
    Poi una per sminuire mi fa chissà un seno così che scomodità, sì ma avercelo è meglio, con tutti gli uccelletti che arrivano:-D
    Baci!
     
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    Racconto originale e decisamente vivace, brava 😊
     
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    Grazieeeee!
     
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    Ahhh, babysitter, uno dei miei punti deboli!

    CITAZIONE (sweetychiaretta @ 10/6/2022, 13:35) 
    Sììììììì! Dici bene:gambe sempre bene aperte appena possibile e BUMBUMBUMBUMBUMBUMBUMBUM;-D
    Con le tettone che ballonzolano di qua e di là, che goduria!!!
    Poi una per sminuire mi fa chissà un seno così che scomodità, sì ma avercelo è meglio, con tutti gli uccelletti che arrivano:-D
    Baci!

    Ma signorina, così mi fa arrossire...
     
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    CITAZIONE (Noira @ 12/6/2022, 09:33) 
    Ahhh, babysitter, uno dei miei punti deboli!

    CITAZIONE (sweetychiaretta @ 10/6/2022, 13:35) 
    Sììììììì! Dici bene:gambe sempre bene aperte appena possibile e BUMBUMBUMBUMBUMBUMBUMBUM;-D
    Con le tettone che ballonzolano di qua e di là, che goduria!!!
    Poi una per sminuire mi fa chissà un seno così che scomodità, sì ma avercelo è meglio, con tutti gli uccelletti che arrivano:-D
    Baci!

    Ma signorina, così mi fa arrossire...

    Io trovo che sia un lavoro bellissimo in particolare a contatto con ragazzini adolescenti: si crea un bel legame e a volte si finisce legate, ma va bene così. Si accendono le fantasie!
     
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    Es Rappelt Im Karton

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    CITAZIONE (sweetychiaretta @ 12/6/2022, 10:40) 
    Io trovo che sia un lavoro bellissimo in particolare a contatto con ragazzini adolescenti: si crea un bel legame e a volte si finisce legate, ma va bene così. Si accendono le fantasie!

    Se ne accendono anche parecchie, specie se l'adolescente in questione è 'dotato' di qualità importanti che non è il caso di trascurare 😏
     
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    CITAZIONE (Synodontis @ 12/6/2022, 10:45) 
    CITAZIONE (sweetychiaretta @ 12/6/2022, 10:40) 
    Io trovo che sia un lavoro bellissimo in particolare a contatto con ragazzini adolescenti: si crea un bel legame e a volte si finisce legate, ma va bene così. Si accendono le fantasie!

    Se ne accendono anche parecchie, specie se l'adolescente in questione è 'dotato' di qualità importanti che non è il caso di trascurare 😏

    Ciaooo! Confermo che il ragazzetto era ben dotato, anche se doveva imparare ad usarlo con più maturità. Però è questo il bello dei ragazzetti: spesso hanno fretta di venire e ti sbrodolano tutta! Con pazienza gli insegnerò ad usarlo meglio. In questo primo episodio ad esempio ho sbagliato io perché ero legata, altrimenti avrei dovuto chiedergli di usare il preservativo. La madre me lo fece notare presto a suon di sculaccioni.
     
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    CAPITOLO 2 - IL PORTAMATITE

    Dopo la prima giornata di lavoro ero abbastanza su di giri da pensare che quella facoltosa famiglia avrebbe gradito un abbigliamento meno casual e più sfacciato. Così lasciai i pantaloni jeans nell'armadio e optai per una gonna che mi fasciava i fianchi e arrivava sopra le ginocchia. Il messaggio era esplicito senza essere sfacciato: se il provetto cow-boy avesse voluto cavalcarmi ancora, avrebbe fatto molti meno sforzi a sollevarmi una gonna che a calarmi dei pantaloni. Per la parte superiore la scelta cadde su un reggiseno push-up che esibiva molto delle mie grazie promettendo una veloce debordata in caso la situazione lo richiedesse. Una camicetta attillata, slacciata ee annodata alla vita così da scoprire l'ombelico faceva il resto. Mi truccai, certo, mi truccai pesantemente puntando sul rossetto bordato con la matita e un paio di ciglia finte che incorniciassero i miei occhioni, senza dimenticare un abbondante profumo. Annodai i capelli in una coda di cavallo: altra allusione esplicita a quanto era successo il giorno prima. Infine, niente all-star né altre scarpe sportive, ma un eloquente tacco 12 aperto sulle punte. Sia le unghie delle mani che dei piedi erano smaltate di rosso. Più che diretta al lavoro parevo destinata a qualche appuntamento galante e la cosa non mancò di essere rimarcata dalla madre del ragazzo, che come il padre dimostrò però anche di apprezzare molto.
    - Sei davvero una brava ragazza. Sono sicura che la tua compagnia gioverà molto al nostro figliolo che è sempre un poco estroso e incline a masturbarsi invece di ricercare la compagnia femminile, mi disse, mentre mi accompagnava nella stanza dei giochi.
    Stavolta, dopo avermi annunciata, la madre mi lasciò sola con il figlioletto, intento a disegnare qualcosa su un foglio di carta con le matite. Prima di richiudere la porta alle mie spalle, però, mi diede una palpatina al sedere che lo confesso, un poco mi face palpitare. Mi sentivo come un agnello sacrificale ad un passo dall'altare, o come una buca da golf in attesa del colpo finale, o meglio come una puttana a servizio del pargolo e delle sue fantasie. Questa in effetti ero e devo dire che la cosa non mi dispiaceva affatto.
    Una volta rimasti soli, io e il ragazzino, lo avvicinai, gli scompigliai i capelli e gli chiesi dolcemente come avrei potuto essergli utile, se magari avrei potuto aiutarlo a disegnare.
    - Sono brava a disegnare, sai?, gli dissi sorridendo e sbirciando sul foglio per capire cosa stesse disegnando.
    - Secondo me invece sei più brava e utile come portamatite, mi rispose quello senza un filo di ironia.
    Mi mostrò le matite tutte disperse per terra. Saranno state una sessantina, tutte di colori diversi.
    - Vedi? Il disegno l'ho finito, ma adesso mi manca un portamatite dove metter tutte queste matite, insistette lui, mentre io stentavo a capire.
    - Eh, ho capito che ti manca un portamatite ma io cosa ci posso fare? Lo andremo a comprare.
    - No no, la mamma dice che già tu ci costi abbastanza. Quindi sarai tu il mio portamatite.
    - Io? E come..., abbozzai perplessa e un poco incredula di quello che iniziavo ad intuire e immaginare.
    Sul foglio infatti il ragazzino aveva disegnato una donna superdotata di una paio di seni dalle dimensioni eccezionali che ricordavano molto i miei. La ragazza del disegno che anche per via della capigliatura mi assomigliava molto, era disegnata carponi con il sedere per aria nell'atto di ricevere un missile dalle dimensioni a loro volta eccezionali, con tanto di bandiera americana: una sorta di bomba atomica che le divideva in due le chiappone e le dilatava all'inverosimile lo sfintere anale. Bisogna poi dire che la ragazza del disegno che mi assomigliava in tutto e per tutto aveva saputo prenderlo in culo con una certa eleganza e rassegnazione, come fosse la cosa più normale del mondo. A me però non sembrava tanto normale, né io credevo di essere capace di incontrare i desideri del ragazzetto con tanta disinvoltura stavolta.
    - Cioè... Beh... Bel disegno! Davvero un bel disegno! Sei dotato, ma cioè voglio dire, quella sarei io, giusto?, balbettai imbarazzata e cominciando a sudare.
    - Sì sì, fece il ragazzetto con ampi cenni del capo e con un sorriso malizioso vampato sotto il naso.
    - Okay, va bene e quindi la bomba, cioè il missile, cioè quel coso che le sfonda il sedere, cioè sarebbero....
    - Sì sì, fece ancora lui con ampi cenni del capo, dimostrando che avevo capito benissimo.
    - ...le matite, dissi io in un sussurro, sudando ancora più abbondantemente e cedendo a poco a poco all'emozione.
    - Esattamente!, affermò il ragazzetto trionfante e subito prese in mano un grosso fascio di matite che mi mostrò con un gesto volgare quanto inequivocabile, che stava a dire:
    - Adesso ti faccio un culo così!
    Mi sentii mancare e mi accasciai a terra come vinta da quelle intenzioni così ferme e categoriche, insospettabili per un ragazzetto di quell'età.
    Sentii che cadendo mi si sfilava una scarpa e che il petto mi debordava per un'abbondante metà dagli indumenti in cui erano contenuti quando svenni del tutto e persi i sensi non so più per quanto tempo. Percepii solo chiaramente che il ragazzetto mi stava spogliando e liberando totalmente i seni dagli indumenti in cui erano contenuti e mi posizionava e mi legava esattamente come il giorno prima. Doveva avere proprio una fissa per il bondage.
    Infatti, quando rinvenni, mi ritrovai legata e costretta ginocchia a terra, volto contro il seno e sedere in aria. Ovviamente la gonna era stata alzata, le mutandine abbassate e il ragazzetto era a quel punto intento ad applicarmi del salone liquido sul posteriore e più precisamente sul buchetto, che sarebbe diventato di lì a poco un bucone, pensai io.
    - Allora, sei pronta a farmi da portamatite?, mi chiese il ragazzetto
    - Insomma... Però non puoi certo lasciare le matite tutte in disordine per terra... Dai forza, procedi!, dissi io con il massimo della comprensione e della dolcezza di cui ero capace.
    Fu così che senza sforzo quell'autentico birbantello mi infilò la prima matita nel culo e poi subito una seconda e senza sforzo pure una terza. La quarta la infilò invece fra le tre che aveva già infilato e così fece anche con la quinta e con la sesta e così via. Per ogni nuova matita che mi infilava usava le altre per divaricarmi in anticipo e formare un efficiente binario per vincere ogni residua resistenza del mio fondoschiena. La tecnica era eccezionale e per quanto collaborassi a tenere bene aperto il culo da sola sarebbe bastata a violarmo. Arrivata però alla dodicesima matita la situazione si fece più complessa, dal momento che non ero abituata a certe dimensioni e neppure riuscivo più ad allargarmi. Tuttavia, lo stillicidio continuò con chirurgica precisione da parte del monello, determinato a ordinare ognuna di quelle maledette e numerosissime matite nel mio povero sedere.
    - Ahi!... Ahia!... Ahi!... Adesso basta! Mi fai male... Ahi!... Dai, davvero, tregua!... Non me ne hai già infilate abbastanza? Ahia!..., mi lamentavo io senza troppa convinzione del fatto che avrebbe smesso prima di contarne sessanta.
    - Ventitre... ventiquattro... venticinque... ventisei... Dai, che stai andando bene! Siamo quasi a metà!, contava e incoraggiava il monellaccio.
    - Metà? Solo a metà? Ma così mi rompi il culo!!!, mi scappò da dire, senza pensare che il solo pensiero lo avrebbe incoraggiato a sua volta a continuare.
    - Esatto!, esclamò quello, raggiante e iniziò ad infilarmene anche tre o quattro per volta.
    Giuro, ragazze, lo giuro: ad un certo punto non sentivo più il mio buco del culo. Aveva perso sensibilità. Era talmente dilatato che davvero non so come abbia fatto a non svenire di nuovo. Ad ogni modo, non so come, ma alla fine ce la feci.
    - Quarantotto... ciiiinquantaaaa-quattro!... Dai dai!... cinquantasette!.... Sessanta!!! Tutte sessanta nel culo! Bravissima, Chiaretta!, esultò il monellaccio, il quale, non potevo saperlo, si stava menando furiosamente l’uccello per il piacere di avermi così pesantemente inculata.
    Lo capii solo quando sentì un fiotto di liquido caldo schizzarmi su entrambe le chiappe. La certezza che fosse finalmente venuto mi diede l’illusione che quella mattanza arrivasse velocemente a conclusione e non dovessi sforzarmi ancora per molto a stare in quella posizione con un mazzo di penne infilate proprio lì in mezzo. Invece mi sbagliavo.
    - Adesso resta lì così che vado a chiamare la mamma, che vede anche lei quanto sei brava. Che se non lo vede, non ci crede, affermò il ragazzetto e subito corse a chiamare la madre.
    Io rimasi là in attesa con le chiappe colanti sborra di adolescente e distanziate almeno di una o due spanne l’una dall’altra, con un dolore acuto nel mezzo che mi penetrava le viscere. Avendo peraltro un sedere molto ampio e generoso al pari del mio seno, per quanto faticoso fosse stato ricevere tutte quelle matite, l'anatomia doveva avermi assistito in qualche modo, pensai. Dovevo essere un vero spettacolo nel suo genere.
    - Oh, ma che bravo che hai messo tutto in ordine. Questa stanza con tutte le matite per terra non si poteva proprio guardare, disse la donna, compiaciuta alla vista di quale ordine regnasse finalmente nella stanza dei giochi.
    In effetti solo io ero sfatta e prostrata già oltre ogni limite di sopportazione.
    - Ohi-ohi, signora, ma devo proprio restare qui così ancora per molto? Sono sessanta, non so se rendo l'idea, chiesi sconsolata alla padrona di casa.
    - Suvvia, Chiaretta, non ti lamentare, che anche per oggi la busta te la sei guadagnata. Solo una cosa però. Quando adesso vieni da me a ritirarla, ti devo tirare un po' le orecchie perché ieri ho saputo che non hai fatto indossere in preservativo al mio ometto. Non si fa. D'ora in poi, lo devi coprire quando ti entra dentro, capito? Tanto più adesso che il mio ometto è stato tanto abile da sfondarti il culo e che si divertirà di certo a sfondartelo ancora. Anzi, spero che non ti offenderai se per oggi ti diamo della rottainculo. Senza troppi complimenti, ovviamente, si complimentò quella cara donna della madre del ragazzo.
    - Ohi-ohi! Con sessanta matite dentro, rottainculo lo sono di certo e chi si offende? È la verità, dissi, meritandomi così almeno di essere slegata.
    Faticai non poco a rimettermi in piedi. Ero quanto meno imbarazzata. In quanto alle matite, invece, fui costretta a tenermele nel culo tenendole con entrambe le mani e a camminarci sul tacco 12 ondeggiando mollemente i fianchi, fino alla porta del bagno, dove appena potei, mollai la presa ed evacuai. Le misi nella borsetta, con uno scatto di fierezza mi guardai allo specchio e mi rassettai un attimo senza trascurare di pulirmi il sedere dallo sperma del ragazzo.
    Purtroppo non era finita perché appena fui uscita dal bagno venni letteralmente presa per un orecchio dalla madre, santa donna, che mi annunciò la punizione che mi aspettava per essermi dimenticata il preservativo il giorno prima.
    - Una bella dose di sculaccioni, scandì lei compiaciuta, mentre mi costringeva a stendermi sul tavolo della cucina e mi alzava di nuovo la gonna.
    - Uno, due, tre, quattro... Forza Chiaretta, conta anche tu. Devi arrivare a sessanta, ordinò pa madre.
    - Sessanta? Ma è una follia! Dopo quello che ho appena passato, protestai io ma mi misi a contare.
    - Trentaquattro... Ahi!... trentacinque... ahi!... trentasei... ahia!, contai finché non arrivò il monello il quale, non pago di poco prima, volle infilarmi il suo uccelletto nella bocca, stavolta con il preservativo però.
    Sotto gli occhi vigili della madre iniziai dunque a ciucciare il cazzo finché il ragazzo non venne di nuovo. Entrambi insistettero perché bevessi lo sperma dal preservativo usato ed io, ormai arrivata a vedere il traguardo dei sessanta sculaccioni, affibbiatimi in parte a mani nude in parte con un mestolo per la pasta, non trovai certo la forza di oppormi. Il sedere mi pulsava e, come apprezzai appena raggiunsi uno specchio, era rosso come un peperone.
    Quel giorno non ebbi più neppure la forza di truccarmi e di rimettermi in sesto, perciò uscii un poco disfatta ma anche rilassata e soddisfatta di me stessa e della mia femminilità, nonché del cospicuo aumento alla busta paga. Fui congedata con molti complimenti e numerose effusioni da parte della madre, che mi baciò più volte sulle guance e sulla fronte. Però restava il fatto che mi bruciava troppo il fondoschiena e infatti non riuscii a sedermi per una settimana senza una pila di cuscini sotto. Però mi restava la soddisfazione di avercela fatta: tutte sessanta. Sessanta matite nel culo! Sessanta sculaccioni! E ben due sburrate del mio ragazzetto! Ragazze, questa la dovevo proprio raccontare.

    Edited by sweetychiaretta - 13/6/2022, 06:38
     
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    Certo che questo regazzino è proprio un dito in culo AHAHAHAHAHAH
    Comunque povera Chiaretta, sento male per lei... anche se camicia legata sotto l'ombelico, adesso sento caldo!
     
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    wow davvero hai superato te stessa!! mi hai lasciato senza fiato e ti sei meritata i complimenti della mamma e il premio del figlio!
     
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    CITAZIONE (Noira @ 13/6/2022, 09:34) 
    Certo che questo regazzino è proprio un dito in culo AHAHAHAHAHAH
    Comunque povera Chiaretta, sento male per lei... anche se camicia legata sotto l'ombelico, adesso sento caldo!

    Ahahah! Sì guarda è una bella peste pestifera sto ragazzetto ma io come vedi sopporto di tutto, sono pazientissima. Ne farò un bravo ometto, sono sicura.
    Grazie anche per la solidarietà (femminile?) e per la condivisione del mio dolore ma ti assicuro che neanche immagini quanto bruciasse: tornata a casa, ghiaccio nel bidè e mi ci sono seduta sopra finché non si è sciolto tutto.
    Caldo perché? Avevo il pancino scoperto, mica faceva tanto caldo.
     
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